Lettere d’Occitania

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Una ribellione popolare alla fine del Trecento, la rivolta dei Tuchin, contro l’aumento di tasse, in una terra di confine, crocevia di lingue e culture alpine. L’affascinante corte di un Marchese dove si respira il gusto per le sfide cavalleresche ma anche per l’arte, la poesia, l’osservazione delle stelle.

In lettere tramandate nei secoli, il segreto di uno spirito ribelle che entra nel mondo cortese, desideroso di conoscenza, ne apprende la raffinatezza del vivere, gli ideali e i sogni. E’ attratto da melodie giunte da Oriente e da versi provenzali che esaltano l’amore, ma poi, infrangendo ogni consuetudine, intraprende una strada diversa, memore del lontano passato della propria terra.

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“Magazine” 55-56, Marzo-Giugno  2016

 

Lettere d’Occitania è un’opera eccentrica e affascinante della poetessa Anna Albertano (…) In quest’ultima opera mescola sguardo poetico e indagine storica per creare un romanzo epistolare, ambientato nella seconda metà del Trecento nelle valli dell’Alto Canavese, regione geografica e culturale che confina con l’alta Savoia, cui fanno preciso riferimento fatti e realtà ripresi nel libro. La vicenda è imperniata intorno alla figura di due fratelli, il mittente e il destinatario delle lettere (…) La storia si snoda con agilità attorno alle lettere di E., in fuga dopo l’aggressione subita da un nobile arrogante, cui ha risposto colpendolo duramente. Divenuto fuggiasco, E. si rifugia sotto falso nome (…)  in una corte del cuneese dove sente declamare versi in provenzale-occitano e anche la popolazione parla un idioma simile. Il titolo del libro, infatti, si riferisce a quella koiné, il provenzale o occitano, che è stata la lingua dei troubadours, perché in quella corte il protagonista apprende dai versi l’amore libero, profano, nei confronti della donna, in una cultura che interagisce con la propria, popolare, ribelle. Albertano -che per portare a termine questa fatica, è passata attraverso lo studio di documenti di storia sociale e popolare, di produzione letteraria trobadorica, e si è ispirata alle principali fonti letterarie dell’epoca, da Boccaccio a Chaucer, passando per Dante e Petrarca – ha voluto introdurre elementi di differenziazione linguistica laddove essi si configurano come diversi strumenti culturali di autocosapevolezza e di aspirazione a condizioni migliori di vita, e dove le donne, eredi di un passato diverso, godevano di una certa autonomia. Con un colpo di scena finale alla fine sarà svelato il mistero di E., che riesce a sottrarsi alle immutabili e circolari vicende di sottomissione cui sembra destinato, come tutta la sua comunità. Le lettere, che l’artificio della scrittrice pone come frutto di un lascito da parte di una lontana zia, le vengono tramandate con una lettera introduttiva, in cui, chiamandola Annchen, la riporta a un tempo e a una cultura ormai lontani. E la lontananza è ciò che la scrittrice Anna Albertano vuole esorcizzare con questo libro che ha al centro la sua terra d’origine, l’alto Canavese e che soprattutto sembra ribadire la centralità di ciò che è minoritario e che continua a esistere con un forte e preciso esercizio della volontà: il ricordo, la testimonianza (…) Anna Albertano, autrice di sceneggiature, pièces teatrali, romanzi, oltre che di poesia, con quest’opera originale e incalzante conferma il suo interesse verso i temi della memoria e della giustizia sociale, temi spesso amaramente secondari in un mondo portato a dimenticare. Il difficile problema della lingua, da usare in una storia d’ambientazione medievale come questa, viene risolto dalla scrittrice con l’uso realistico di una sapiente e calibrata lingua cortese.

Loredana Magazzeni su “Le voci della luna” n. 67, marzo 2017

http://annaalbertano.blogspot.com/2017/05/